Rafrart's Studio
Il potere del disegno

“IL POTERE DEL DISEGNO” di Lelio Bonaccorso

IL POTERE DEL DISEGNO

Dagli albori dell’esistenza stessa, un’esigenza ha pervaso l’essere umano, e cioè l’esprimere, il raccontare visivamente le immagini interiori che portava dentro di sè.
Dai graffiti nelle caverne della preistoria, alle tele di Picasso, alle linee tracciate per la prima volta su un foglio da un bambino piccolo, il ” disegno ” è la costante creativa e narrativa dell’Uomo.
Per l’artista che decide di avventurarsi nel cammino della conoscenza del mondo che lo circonda, l’arte figurativa, diventa il tramite che lo porterà a scoprire principalmente due aspetti: uno puramente ” Tecnico “, l’altro più intimo e profondo, il ” Sentire ” la propria sensibilità.

Nella prima parte, l’obiettivo è conoscere la regola, che divenendo strumento puramente tecnico, permette all’artista di imparare faticosamente l’alfabeto, il linguaggio, per poter poi liberamente disfare le leggi che lo bloccano e rimontarle a proprio piacimento. Vediamo così come conoscere la prospettiva, l’anatomia, la dinamica, creino nell’apprendimento parecchio attrito, dato che bisogna abbandonare il ricordo della forma ( data la limitatezza della memorizzazione ), ed idealizzare in forme geometriche semplici quello che è complesso, cosicchè la nostra mente possa elaborare più velocemente solidi elementari, e riprodurli su una superficie bidimensionale creando abilmente l’illusione delle tridimensionalità. Sul foglio, l’artista riuscirà a muoversi come nella propria mente, avendo compreso le regole che governano la virtualità dello spazio e liberandolo dalle catene della difficoltà espressiva, il cosiddetto rapporto tra ” idea e forma “.
Dell’aspetto tecnico fanno parte ovviamente, tutti quegli strumenti, che in base al tipo di arte figurativa, l’artista può scegliere. Dalla matita, alla penna, ai pennelli, all’aerografo, alla macchinetta per tatuaggi, la difficoltà è commisurata alla pratica e ” all’intesa ” che si trova con lo strumento stesso; è dunque una scelta molto soggettiva e personale.

Nella seconda parte del percorso, il discorso è molto più vasto con implicazioni infinite. Fatta la conoscenza delle leggi che governano la virtualità dello spazio ” nella rappresentazione dell’arte figurativa “, e l’abilità del saperle gestire a proprio piacimento, nasce la domanda più ardua: Come si può portare, su una superficie piana, l’idea esattamente come nasce nella nostra mente?
La risposta come si può facilmente immaginare non è per nulla semplice. Uno dei problemi principiali, è che usando la vista, quello che conosciamo rientra in tutto ciò che i nostri i occhi ed il nostro cervello riescono a vedere e percepire. Il campo è piuttosto limitato, e soprattutto superficiale. Circondati infatti da un mondo che si basa quasi totalmente ” dall’apparenza ” del messaggio visuale, veniamo bombardati da migliaia di informazioni, che creano ” la mappa del territorio ” usando un linguaggio da PNL, ossia una fotografia parziale del mondo che osserviamo. Questo crea conseguentemente il nostro gusto, e le mode che vengono metabolizzate e successivamente ri-trasferite dall’artista con il medium da lui utilizzato. Ma a causa appunto dell’apparenza, e dalla conoscenza limitata della forma esteriore, non vi è una giusta indagine dell’aspetto più profondo del contenuto.
L’artista per propria natura, si trova ad indagare ed esprimere il proprio inconscio, ma rapportandosi alla espressione della propria idea- forma, diviene inizialmente combattuto tra ciò che ” gli piace ” e ciò che ” lui stesso é veramente ed ha in sè “. Il dissidio, si manifesta con una mancaza d’ispirazione, il convincimento che non ci sia poi molto da raccontare, e il rapporto drammatico con la propria attività, con i conseguenti malesseri e talvolta l’allontanamento dall’arte stessa.
Si comprende allora, come il disegno, esigenza primordiale del Creare, richieda uno sforzo indagativo interiore non indifferente, che graficamente si manifesta nell’individuare e tracciare nella forma la sua ” sezione ” la parte invisibile agli occhi, ossia il rapporto tra ” interno o contenuto ” ed ” esterno o morfologia della forma “.
Ecco come lavorando su una realtà virtuale, il foglio bianco, si inizi una ricerca che vedremo, è al contempo Conoscenza di Sè, attraverso la rappresentazione del mondo esterno, che rimane sempre e comunque visione soggettiva dell’aosservatore.

Molti artisti, sentono il bisogno, o per meglio dire ” l’esigenza ” di partire fisicamente per un viaggio e raccontare visivamente il loro percorso. Ci sono migliaia di esempi in merito, basti pensare agli esotici dipinti di Gaugin o le opere Hugo Pratt con ” Corto Maltese “. Questo fa nascere una storia, di cui l’artista prima, l’osservatore poi, fruiscono gli input emotivi. E’ affascinante notare come questo viaggio, tra mente, anima e corpo, crei grazie all’arte un ponte che collega il passato ed il futuro al presente della realizzazione dell’opera. Un cerchio perfetto in continua evoluzione, quasi l’uomo avesse per natura profonda il bisogno di tornare alla sua vera origine, continuando però ad osservare l’orizzonte degli eventi futuri…dunque raccontando di Sè, del viaggio, scoprire il ricordo ancestrale della propria identità.

Un maestro della psicanalisi come Jung comprese che l’inconscio individuale del soggetto, espresso attraverso i disegni, raccontava del percorso non solo di sè, ma anche della memoria dell’ inconscio collettivo, potendo cosi delineare e decriptare il valore del segno e del colore. Questo concetto trovava massima espressione nel ” Mandala “, rappresentazione del centro interiore dell’ individuo, e misuratore della sua condizione spirituale.
Spesso visto nei sogni come ” albero, casa, o forma geometrica ” , il Mandala è un disegno con un centro da cui si diramano forme di vari tipi, più o meno simmetriche e di colori differenti; in continua evoluzione ma costantemente con un centro fisso, un ” focus “.
Ecco in questo centro il rapporto con la memoria iniziale, propria origine profonda e dunque ” Appartenenza ” ad un punto zero. E’ interessante notare come lo ” zero ” abbia una forma circolare, inizio e fine di tutti i numeri, e simbolo di continua eternità. Gli indiani d’ America, come moltissimi altri popoli nel mondo adoravano il cerchio, ponendo le proprie tende in cerchio appunto, con al centro ” l’albero sacro ” da cui la vita ed il rapporto con gli Antenati. Nasce o per meglio dire è ri- conosciuto e giustamente divinizzato, il ponte con il passato e con il futuro grazie al ” Cerchio sacro della nazione “, individuandone in quattro quadranti le zone ed i momenti fondamentali dell’esistenza ed il centro che è il legame tra l’uomo ed il Grande Spirito a cui esso stesso appartiene.

Vediamo come il disegno rituale, ossia il tatuaggio, assume per forme e colori un valore fondamentale, in relazione alle energie sottili e spirituali, ed al culto degli Antenati. Incredibilmente, il disegno diventa cerimoniale e sacro, raccontando la storia della vita ed assicurando la continuità e la forza vitale al gruppo, senza però fare perdere all’individuo la propria identità, ma consentendogli anzi di trovare un posto ben preciso nella società. Un valore identitario che è dato non solo dal suo aspetto, ma dal significato della sua anima e dalla sua crescita spirituale.
Ecco che insieme al cammino ed alle prove affrontate dal soggetto, variano i disegni tatuati sullo spazio virtuale, la pelle come il foglio bianco, come fosse la superficie stessa del Grande Spirito.

Incosciamente in questo viaggio che l’uomo compie al mondo, si è evoluto anche il disegno stesso, mantenendo però un valore di contenuti fisso ed intrinseco, nonostante le conoscenze acquisite ed i cambiamenti culturali e scientifici.
Possiamo infatti trovare gli stessi concetti in altre civiltà, dai Maya alle popolazioni beduine del Sinai, ove l’appartenenza alla propria tribù e perciò al luogo, definisce contemporaneamente una propria identità spirituale, e dunque una presenza in Essere. Il tatuaggio distingue fasi della vita, e funzioni dell’individuo, ma non separa l’uomo dalla sua natura, anzi lo avvicina al concetto ancestrale di esistenza e volontà di determinare il proprio spazio attuale, spingendolo a guardare indietro fin le sue stesse origini. Ecco che il tatuaggio, il disegno acquisisce anche un valore temporale ed idealizzato, fondamentale per i gli antichi quanto per gli uomini moderni.

Giordano Bruno individuava nell’arte un medium magico ed alchemico, capace di poter riunire la triade Padre, Figlio e Spirito Santo, identificando nel primo la parte Creativa, nel secondo, il prodotto creato e non generato dal padre-artista, e nel terzo, l’ Amore che ha concepito il due ( ossia l’idea e l’opera compiuta ), e che allo stesso tempo è forza riunificante riportando tutto ad essere la cosa sola orginaria, la Monade.
Interessante notare come Giordano Bruno descrivesse Dio come un cerchio che ha un centro ma la cui circonferenza è ovunque…concetto simile espresso da un pellerossa come Alce Nero.
Altrettanto tristemente notiamo come sia il filosofo nolano sia i pellerossa siano stati massacrati da agenti diversi ma con fini comuni.

In questo ruolo magico, parecchi artisti, hanno scorto nell’arte la possibilità di evadere da un mondo frammentato e mancante, e poter raggiungere una visione piu chiara della realtà che li circondava, illuminando così le proprie coscienze…L’arte è Libertà.
Possiamo infine tranquillamente assentire che l’arte, in questo caso il disegno, è uno strumento talmente potente da poter condurre alla Verità, tanto quanto è scomodo e pericoloso vettore di concetti profondi per il potere costituito stesso, che dell’arte nel bene e nel male deve tener conto.

Questa voce è stata pubblicata il 1 novembre 2012 alle 18:28. È archiviata in Uncategorized con tag , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Segui tutti i commenti qui con il feed RSS di questo articolo.

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